Caso Consip ....caso mediatico. L'Arma dei Carabinieri messa mediaticamente in intrecci tra politica, potere e surreali ipotesi d'intese non degne della nostra istituzione e di chi porta avanti tutti i giorni il valore aggiunto in questa società che chiede ordine e sicurezza a chi deve svolgere questo ruolo con responsabilità e impegno.
" Una volta criticavamo gli Americani che utilizzavano i media per delegittimare o destabilizzare la posizione politica di questo o quel candidato. Noi ci ritenevamo superiori a questi comportamenti perché abbiamo sempre ritenuto che la democrazia, baluardo fondante della nostra Repubblica, potesse essere considerata tale fintanto che la giustizia non avesse concluso il suo percorso, evitando quindi i cosiddetti processi apriori. Ad un certo punto ci siamo Americanizzati o peggio ci siamo Italianizzati ed abbiamo cominciato ad investire sulla mediaticità dell’evento. A nostra memoria, tutto ebbe inizio con il famoso G7 di Napoli dove il presunto indagato veniva a conoscenza dai giornali dei suoi futuri percorsi giudiziari. Oggi siamo arrivati al capolinea, dove i media sono diventati il primo potere. Paradossalmente oggi non si teme l’esito di una sentenza ma della pubblicità mediatica negativa che ne deriva. Il caso Consip oggi è la prova provata che il processo è già iniziato sui giornali fin dal dicembre 2016, guarda caso periodo in cui si doveva tra l’altro valutare la posizione del Comandante Generale Dell’Arma Tullio Del Sette. E’ bastata una “opportuna” fuga di notizie per costruire il caso mediatico. Ogni giorno si aggiunge un presunto indagato ed ogni giorno emergono sempre fatti nuovi e diversi, che per certi versi collocano l’Arma dei Carabinieri in una posizione scomoda e per noi irreale. Sinceramente ci manca l’Italia di una volta dove la Costituzione era il perno fondante della vita democratica del paese. Oggi la democrazia è opinabile e passa attraverso il nuovo primo potere, che decide il presente ed il futuro di ognuno. La politica evidentemente colpevole, subisce passivamente e cerca di ingraziarsi i media per evitare di essere pubblicamente accusata. Da carabiniere ci auguriamo che al Generale Del Sette – uomo di indiscussa moralità e correttezza Istituzionale, che tanto sta facendo per l’Arma ma principalmente per i suoi Carabinieri -, non capiti la stessa cattiva sorte del Generale Stefano Orlando, al quale sempre dagli stessi concetti di democrazia, partì un opera diffamatoria e delegittimante conclusasi prima con l’arresto per poi finire con la piena e completa assoluzione. Facile scrivere 100 prime pagine di presunta colpevolezza per poi limitarsi ad un piccolo trafiletto di scuse in fondo pagina. La verità vince sempre e siamo certi che molti dovranno delle scuse al Signor Generale Del Sette. Ci dispiace solo che l’Arma dei Carabinieri di cui abbiamo gli alamari cuciti addosso, comunque vada ne uscirà male per colpa o causa di chi ha ritenuto l’interesse personale prioritario rispetto all’interesse collettivo ed istituzionale." Queste le dichiarazioni di ieri in una nota dei delegati Co.Ce.R. Carabinieri Brigadiere Capo Tarallo Antonio, Appuntato Scelto Schiralli Gaetano, Appuntato Scelto Cardilli Andrea, Appuntato Scelto Romeo Vincenzo. Oggi le riprendono agenzie e stampa. A noi ci amareggia questo tormento vero e proprio per noi carabinieri. Sarebbe necessario che per certe cariche dello Stato e certi ruoli delicati della nostra società, qualora delle indagini investano determinate figure, i tempi delle attività di verifica e di indagine abbiano dei canali preferenziali affinche' si accerti subito colpevolezze o totali assenze di responsabilità dalle stesse indagini. Subire processi mediatici che mirano a dinamiche che certo non ci appartengono, feriscono tutti noi carabinieri che tutti i giorni, in ogni angolo delle comunità di questo paese, il nostro paese, operiamo con quel senso di responsabilità e senso del dovere che è d'esempio per la nostra società ed è riferimento per i cittadini per quel senso dello Stato che appartiene e deve appartenere a tutti noi.